* This Must be the Place


This Must be the Place (Paolo Sorrentino, Italia-Francia-Irlanda 2011)

Visto: in sala - ottobre 2011
Voto: 5

In This Must be the Place Sorrentino gioca nuovamente la carta di accentrare il suo film su un solo protagonista molto forte, ma questa volta aumenta il grado di difficoltà dell’impresa, andando “fuori casa”: lavora per la prima volta in una produzione straniera ed affida il ruolo ad un tanto grande quanto impegnativo attore americano come Sean Penn, eclettico interprete di numerosi ed indimenticabili personaggi.
Cheyenne, un ex-rocker sulla cinquantina, ha abbandonato le scene da vent’anni ma continua a truccarsi ed acconciarsi pesantemente, come quando era un cantante dark negli anni ’80. Abita in Irlanda e si trascina annoiato in una vita che sembra essere senza significato e senza scopo, allo stesso modo in cui si porta costantemente appresso il peso di un carrello della spesa o di un trolley, metafore – forse un po’ troppo esplicite - della sua condizione esistenziale.
La svolta avviene quando una telefonata lo avvisa che il padre, con cui non ha più contatti da trent’anni, sta morendo a New York dopo essere stato ossessionato per tutta la vita dalla ricerca del suo carceriere ad Auschwitz. Cheyenne parte allora per un’ultima (o in realtà per lui è una prima?) visita al vecchio genitore e poi sceglie di proseguire la ricerca interrotta dalla morte del padre.
Qui il film si trasforma in un classico road movie in cui il regista si diverte a mostrarci vasti paesaggi, interminabili strade deserte e vuoti paesi della provincia americana popolati da stravaganti personaggi, immaginiamo nel tentativo – purtroppo non molto originale per lo spettatore più avvezzo a frequentare le sale cinematografiche – di raccontarci un presunto viaggio interiore del protagonista.
L’interpretazione stessa di Sean Penn, peraltro, non convince: eccessivamente immutabile sotto il trucco bistrato, asettico nelle sue espressioni e ingessato, quasi paralitico, nei suoi nervosi movimenti a scatti,  non siamo riusciti a percepire uno Cheyenne in evoluzione, un personaggio in crescita nel corso del film.
E siamo rimasti perplessi a fine proiezione chiedendoci se e dove siamo stati anche noi.

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